Una bandiera da primato

(da “Rassegna” – anno XXI – n. 1 Gennaio 1999)

Quando si sente parlare di primati viene dato di pensare, istintivamente, all’America: agli USA in particolare.
Di quel Paese, vasto quanto l’Europa, tutto ci appare grandioso, eccezionale, enorme. Ne sono, fra gli altri, palmari esempi, le dimensioni delle metropoli, l’altezza dei loro grattacieli, il livello di vita dei cittadini, la potenza militare; e, parlando si sport, non ha uguali il numero delle vittorie che gli atleti USA riescono a conseguire nei campionati internazionali e nelle gare olimpiche.
Tuttavia, punta nell’orgoglio e desiderosa di uscire dal suo stato di inferiorità, la vecchia Europa ha cominciato a reagire, raggiungendo negli ultimi tempi considerevoli progressi in fatto di politica e di economia.
Anche il nostro Paese, pur nel limitato ambito che gli compete, sta facendo la sua parte. Come ricorda l’Inno nazionale, composto da Mameli, “l’Italia s’è desta…”; e, malgrado le manchevolezze e i difetti che, giustamente o ingiustamente, le vengono attribuiti, torna a farsi rispettare dagli altri popoli, compresi “quelli che contano”.
Ma, oltre a ciò – poiché anche i simboli hanno la loro importanza – l’Italia può oggi vantare un incontestabile primato: quello che si riferisce alle dimensioni della sua bandiera.
Un esemplare di essa, lungo 1.570 metri e largo 4,80 (cosa che non ha precedenti nella storia) è stato realizzato e presentato a Roma nella mattinata di domenica 10 gennaio 1999, dalla nostra Associazione.
img_pag_9Le Forze Armate hanno dato la loro adesione all’iniziativa, fornendoci la massima assistenza e distribuendo pregevoli opuscoli informativi nei rispettivi “stand”, appositamente allestiti. In un altro “stand”, installato dall’Amministrazione postale, i funzionari incaricati hanno provveduto, su richiesta degli interessati, ad imprimere sulle affrancature lo speciale “annullo”, disposto per l’occasione.
Notevole l’affluenza del pubblico, 30mila persone, comprendente romani e non, oltre a numerosi turisti italiani e stranieri: un pubblico che è rimasto sorpreso e ammirato alla vista dello smisurato drappo tricolore, che andava dispiegandosi lungo lo scenografico percorso dal Colosseo al Campidoglio, che ricorda le conquiste e le glorie del tempo dei Cesari.
Sostenevano l’inconsueta bandiera circa tremila persone, tra militari e civili, con alla testa i “Facchini della Macchina di Santa Rosa” (venuti espressamente da Viterbo per offrire la loro apprezzata opera), guidati da un baldo “veterano”, troneggiante su un pittoresco triciclo, mentre bande e fanfare delle Forze Armate eseguivano varie marce militari, ritmate da rullanti tamburi, conferendo un che di marziale, tutt’altro che disdicevole, alla pacifica manifestazione.

img_pag_10_aA questa hanno dato un suggestivo apporto la fantastica esibizione degli abilissimi ”Sbandieratori dei Rioni di Cori”, indossanti i loro variopinti costumi, e quella del gruppo folcloristico “Aria di casa nostra” di Alatri, che si è cimentato nell’esecuzione di danze popolari: scroscianti gli applausi degli spettatori.
Non per nulla, nel corso di uno dei tanti resoconti radiofonici e televisivi, che hanno dato ampio rilievo all’eccezionale avvenimento, si è parlato di “Guinness dei primati”, con evidente richiamo ad un precedente messaggio del nostro Vicepresidente Gen. Umberto Cappuzzo.

Questi ed altri non meno favorevoli commenti, espressi anche da autorevoli quotidiani d’informazione, costituiscono indubbi e significativi riconoscimenti nei confronti della originale iniziativa della A.N.R.P., il cui merito – è doveroso sottolinearlo – spetta a Enzo Orlanducci, Segretario Generale dell’Associazione, che partendo da una felice intuizione dell’Arch. Alessio Russo, l’ha progettata, organizzata e portata a compimento – superando ostacoli e difficoltà di ogni genere – ed ai suoi diretti consiglieri, primi fra tutti, Luciano Camprincoli e Luigi Ferruzzi.
Si è trattato di una autentica “Festa del Tricolore”, cui ha fatto seguito, come era giusto, una sosta all’Altare della Patria, intesa a commemorare Coloro che, per il bene della Patria medesima e per l’onore della sua Bandiera, lottarono valorosamente e caddero. Rappresentanze delle Associazioni combattentistiche e d’arma hanno fatto da cornice alla delegazione dell’A.N.R.P., guidata dal Presidente Nazionale, Gen. Francesco Cavaliera, che ha apposto una corona di alloro sul Monumento al Milite Ignoto: devoto atto di omaggio e riconoscenza, che il suono di una tromba, intonante il “silenzio d’ordinanza”, ha reso quanto mai commovente.
La “Giornata” ha avuto termine sulla Piazza del Campidoglio, ove il Dott. Amedeo Piva, Assessore alle politiche sociali del Comune di Roma, ha porto un saluto a nome dell’Amministrazione, soffermandosi sul significato che l’iniziativa riveste ai fini della formazione civica.
img_pag_11_cParole di apprezzamento sono state espresse anche dall’Avv. Gianfranco Bafundi, Vice Presidente della Provincia di Roma e dall’on. Gustavo de Meo, Vice Presidente del Comitato per le Celebrazioni per il bicentenario della prima bandiera nazionale. Il Gen. Francesco Cavaliera, Presidente Nazionale dell’A.N.R.P., ha – da parte sua – ringraziato i presenti per aver partecipato alla manifestazione e formulato l’auspicio che questa, per il suo alto valore morale e storico, susciti il giusto interesse nei cittadini tutti e, specialmente, dei giovani.

Con la Giornata del 10 gennaio si sono concluse le celebrazioni del “bicentenario della prima bandiera Nazionale”, patrocinate dallo speciale Comitato istituito in seno alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Gli amici lettori sono già a conoscenza (per loro erudizione o per averlo appreso scorrendo le pagine del fascicolo 10/1998 di “Rassegna”) che a Reggio Emilia, nel corso di un solenne Congresso, svoltosi il 7 gennaio 1797, venne proclamata la nascita della “Repubblica Cispadana”: la quale assunse, come suo stendardo, la Bandiera Tricolore, più tardi adottata dal Regno di Sardegna e, infine, dall’Italia unita.
Non poteva, pertanto, mancare, nella Giornata del 10 gennaio, un accostamento tra il passato e il presente: un incontro tra la città di Reggio dove il Tricolore, primo segno di rinascita del sentimento nazionale, fece la sua comparsa e Roma, che quello stesso Tricolore ha inteso presentare come “la più grande bandiera del mondo”, vaticinando una futura, ritrovata grandezza dell’amata Italia nel consesso delle Nazioni.
Così, in rappresentanza della nobile città emiliana, il Dott. Enzo Mussi – a ciò delegato dal Sindaco Spaggiari – ha dato inizio alla vibrante manifestazione romana, rilevando l’importanza e il valore di quello che egli ha definito “un ponte ideale” stabilitosi tra Reggio e la Capitale.

img_pag_12_bIn realtà, si dovrebbe più propriamente parlare di un “gemellaggio”, perché – come, forse, non tutti sanno – negli stemmi delle due Municipalità, figura la medesima sigla: SPQR, che vuole rispettivamente significare “Senatus Populus Que Romanus” e “Senatus Populus Que Regensis”; sigla che indica una identica vocazione democratica, una posizione di parità tra i pubblici poteri e i cittadini. Cosa di non poca rilevanza, un momento come quello attuale, in cui si discute, nelle aule parlamentari, su temi riguardanti la nostra Costituzione.
Nei 202 anni trascorsi dal Congresso di Reggio Emilia ad oggi, molti eventi – ora lieti, ora infausti – si sono avuti nel nostro Paese: eventi che la storia

ha registrato (purtroppo non sempre fedelmente) e sui quali conviene meditare , per non ripetere gli errori del passato e preparare un migliore domani per noi stessi e per i nostri figli.
A quei due secoli appartengono, tra l’altro, le avventurose vicende dei nostri emigrati: milioni e milioni di connazionali, molti dei quali non parlano più la nostra lingua, ma nel cui pensiero è tuttora viva la memoria della Patria, come pure la nostalgia per i luoghi in cui essi e i loro padri nacquero.
Benché, ormai, si siano stabilmente inseriti e affermati nelle comunità, con le quali attualmente convivono, essi desiderano non soltanto che venga loro concesso il diritto di voto, onde poter partecipare concretamente alla vita del Paese di origine, ma anche – e soprattutto – che la Patria sia ad essi spiritualmente più vicina.
Tornando all’inizio di questo scritto, contenente un preciso riferimento all’America, è bene rammentare che negli Stati Uniti sono presenti moltissimi cittadini ed oriundi italiani e che a New York essi costituiscono la maggioranza della popolazione.
E, allora, non sembri del tutto peregrina l’idea – da alcuni prospettata – di portare, in quella immensa metropoli, dove i primati sono “di casa”, la “bandiera più grande del mondo” e di farla sfilare per la Quinta Strada. Colà, si può essere certi, l’entusiasmo della gente non mancherà: la “Little Italy” farà sentire fortemente, anzi fortissimamente, la sua appassionata voce.

Alvaro Riccardi